La Tomba di Antigone – 2007

Noidonne anno 62, n.12, dicembre 2007

Il mito a teatro, il sogno di Antigone
di Giovanna Providenti

Presentazioni e segnalazioni:

  • Sipario, 10 Novembre 2007
  • Il Manifesto, 8 Novembre 2007
  • Liberazione, 10 Novembre 2007
  • La Repubblica, 10 Novembre 2007

 

Noidonne anno 62, n.12, dicembre 2007

Il mito a teatro, il sogno di Antigone
di Giovanna Providenti

Proviamo a vederla più da vicino l’Antigone di Ombrano rivisitata e reinterpretata da Maria Inversi, che della riduzione teatrale (recentemente proposta al “Cometa Off” di Roma) è sia autrice che regista e interprete.
Si tratta di una Antigone molto incarnata, e come tale più viva che morta, nonostante già dentro la tomba. Una donna che, distinguendosi dal mito sofocleo e dalla scelta della madre Giocasta., appare fin dal principio molto lontana dall’intenzione di suicidarsi: “come poteva”, scriveva Zambiano “Antigone darsi alla morte, lei che non aveva mai disposto della vita? Non ebbe nemmeno il tempo di accorgersi di se stessa”.
Nel testo di Zambrano-Inversi la debolezza del potere di Creonte, che era uno dei punti cardine di Sofocle, si trasforma nella forza di Antigone non più vittima, ma protagonista.
In un suo saggio del 1999 (“Antigone e l’io femminile Maria Inversi scriveva:” nel silenzio della tomba, senza leggi e regole, Antigone trasforma l’ espressione della passio femminile ed il suo gesto in parole di forza sociale dunque politiche… una voce carica e limpida, non compromessa, che si rigenera continuamente trasformando l’odio in amore”..
La libertà di Antigone condannata è che ora può incontrare in piena autenticità le persone, o la loro ombra, che hanno abitato la sua vita. Ora può non nascondersi dietro la maschera del ” come tu mi vuoi”, da sempre retaggio delle donne, e può accogliere il tesoro della differenza.

In nessuna casa siamo mai stati accolti per come eravamo, mendichi, naufraghi, che la tempesta getta su una spiaggia come un relitto che è anche un tesoro… ci colmavamo di doni, ci ricoprivamo con la loro generosità come per non vederci. Ma non era questo che ci chiedevamo, noi chiedevamo che ci lasciassero dare”.
La libertà di questa Antigone non sta per niente in una questione di libertà di scelta tra l’una e l’altra cosa (né tra la vita e la morte né tra lo stare dentro o fuori dal potere) ma nel creare un sogno altro, un sogno di rinascita: “la vita è illuminata soltanto da questi sogni simili a lampade che rischiarano dal di dentro, guidando i passi dell’uomo nel suo essere sulla Terra”. Alla fine della rappresentazione, in un lento e graduale riaffiorare delle luci, l’Antigone rappresentata in scena da Maria Inversi inizia a camminare dando le spalle al pubblico e molto molto lentamente, come seguendo il tempo del proprio respiro interiore. Verso cosa si dirige? Va verso il suo sogno, “il luogo nel quale il cuore possa insediarsi intero… quando l’oscurità lo avvolge, seguirlo ed entrare con lui laddove la luce sui accende. Adesso sì deve essere il momento, adesso che la mia stella, la stella del Mattino è qui